Mad world

mad world anja
foto di anja, sotto la canzone
Finzione. Programmi cancellati, come fotografie ritoccate.
Case di dolore come case da podio.
Miss Italia e tanti saluti.
Che siamo lunghi lo sappiamo, logorroici. Ma non importa.
Denunciamo. Difendiamo.
Istituzioni, distruzioni.
Scuola e influenza. In che rapporto stanno? Lo stesso del maestro e del medico più o meno.
Maestro prevalente e precari.
Non scherzate che non ci caschiamo più, non vi daremo più tutti quei soldi.
Intanto ve li abbiamo dati, però.
E condanniamo il terrorismo tutti insieme e tutti insieme condanniamo la fame nel mondo e tutto il resto.
Condanniamo i soprusi, le ingiustizie, le bombe e i giustizieri della notte, le risse nei bar e le navi affondate con i nostri incubi dentro. Tossici.
Condanniamo.
Tanto ad assolvere c’è sempre tempo.
 
(E.)

Uomini bianchi con gli occhi azzurri

la foto è di James Good

Con gli abiti talari.
In un periodo di foto di gruppo e promesse, di ammortizzatori che non smorzano affatto, di oscillazioni da curve di montagna e da allarga la tua casa che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola ci cadi dentro anche tu.
In questi giorni di reality e di famiglie con tanti figli, inesistenti, di sogni attaccati con i post it sul bordo di uno schermo.
Nei giorni di questi scontenti in cui anche la chiesa si impietosisce e promette soldi e aiuti alle famiglie, le notizie non arrivano. Pare che solo fuori da questa nazione la gente protesti e resti senza un lavoro.
E non è così.
In questi giorni una realtà italiana prestigiosa, l’ultimo baluardo della ricerca italiana, è in agitazione e rischia di chiudere i suoi battenti.
I proprietari sono preti.
Ma non dovevano aiutare i malati o li sanno aiutare solo come hanno fatto a Serra d’Aiello? E aiutare i malati non significa fare in modo si trovino i rimedi per farlo?
La ricerca non riscuote molto successo in Italia, lo sappiamo.
Inutile ci raccontino gli imprenditori che vogliono si allenti la pressione fiscale per investire più allegramente sulla ricerca.
Fumo negli occhi.
Per salvare le chiappe del 5% del mondo ci siamo caduti dentro tutti.
E ci hanno levato la speranza. Quella di potercela fare, di riuscire ad elevare le nostre menti, se non possiamo elevare altro.
Quella di scoprire, di contribuire alla crescita del mondo.
E invece paghiamo la scelleratezza di pochi e la cecità di molti.
I preti ammoniscono sul paradiso, che ci attende. E di paradiso oltre al Liechtenstein e alle Cayman nemmeno loro sanno.
E mentre i presunti grandi, coi rialzi sotto le scarpe e la voce sempre troppo alta, fanno finta di lavorare, fuori il mondo scorre e avrebbe davvero tanta voglia di lavorare.
Senza elemosine.
(E.)

Published in: on aprile 3, 2009 at 10:32 am  Comments (4)  
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How to say a lie

qui sopra una foto di oldbeachris, una immagine notturna nella città di orton

Perché io ti conoscevo e ti amavo anche in passato virgola ancora prima che tu esistessi virgola perché solo dopo averti incontrata sono diventato cio` che sono punto

Abituati alle bugie ci pare anche questa una gran bella cosa da sentire.
Con punteggiatura orale e calcoli da finanza creativa.
Il 2009 ci dicono sarà peggiore del 2008 e che forse forse nel 2010 ci sarà una crescita del -0.7%, mentre il parlamento cinese si è riunito per l’unica volta all’anno solo per ratificare i provvedimenti del premier. Nel frattempo scopriamo che Obama si sta imbiancando e il mondo trema con la General Motors.
Ok, dicevamo?
Ti amavo anch’io virgola prima di sapere come i miei genitori mi avrebbero chiamata punto

(E.)

Published in: on marzo 6, 2009 at 11:47 am  Comments (8)  
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Set us free

Vicini al capodanno cinese.
Sti cinesi ne sanno una più del diavolo, ma questo è un altro discorso.
Con Obama insediato e un fiume di cappottini senape a popolare i nostri incubi notturni.
Col cuore colmo di speranza, bianco che più bianco non si può, anzi con cenere attiva. Perdonate i rigurgiti da massaia.
In attesa. Ché l’attesa è sempre la cosa che ci viene meglio.
Ché poi ci perdiamo in un bicchiere d’acqua quando siamo al dunque.
Non ci regge il cuore, ecco.
E torniamo piccoli, ai tempi delle letterine di natale, desideriamo la pace nel mondo, i pozzi colmi d’acqua in africa, la corrente elettrica, i fiori nei cannoni, i razzi come sinonimo di petardi, solo per i fuochi d’artificio, lontani dalle case, eh.
E da antiamericani diventiamo tutti americani, come fossimo stati fulminati.
Attesa e speranza. We can.
E pare il purgatorio, fra wall street che non ci crede e aretha franklin che pare un pacco regalo.

“Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.

Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d’un giunco schietto e che li lavi ‘l viso,
sì ch’ogne sucidume quindi stinghe”.
(Purgat., Canto I)

.. e se conoscessero rino gaetano in america, avrei volentieri consigliato ahi maria.
Chi mi manca sei tu.

(E.)

Published in: on gennaio 21, 2009 at 11:14 am  Comments (12)  
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Aramis

2270038310_0cafaa15361In un canestro di vimini, sparpagliate come bambole inanimate, vedo ali di pensieri, spennate, come fossero volti di bambini svegliati nel cuore della notte. Come fossero volti sfregiati o attraversati da smorfie di dolore, o di eccessiva gioia, ché sempre smorfie sono. Pensieri di pistole, di lacrime, di libri, di racconti, di voci e di silenzi, pensieri spennati, di piume e di chicchi di riso.
Concerti su spianate, voci e speranze, troppe speranze. La speranza può bastare?
Shalom, salaam. Si animasse dal cesto quella parola, prendesse vita forse smetteremmo di correre e ci fermeremmo coi cieli puliti, ad ascoltare la terra che racconta.
Che parla di piccole grandi battaglie per sopravvivere, di orecchie poggiate sul terreno ad ascoltare i tremori delle radici degli alberi, i sussurri dei bruchi, la voce delle formiche.
E invece la terra non la si ascolta, ché fuori c’è troppo frastuono.
E non si fa in tempo. E il tempo non basta mai. E non torna, resta lì a guardarti e a dirti che anche se ne hai un po’ non sei ricco, sei ricco se non ti dimentichi di quello che hai sprecato.
E ieri sera, quando il tempo riprendeva piano il suo volto, severo ma munifico, sfogliavo in libreria un libro, apparentemente senza nesso con tutto questo.
Avrei visto un film, annusavo libri di tutti i generi, cercando qualcuno che mi restituisse il tempo perduto.
E ho letto questo:
“Non so come si chiamino, sai, gli spazi fra un secondo e l’altro, ma io ti penso in quegli intervalli”.
Ecco, quel tempo, di quello dovremmo ricordarci.
Di un tempo senza fretta. Per fare la pace.
שָׁלוֹם עֲלֵיכֶם (shalom alekem) السلام عليكم (as-salamu alaikum)

(E.)

(la foto e`di subcomandanta, bella come un’attesa)
Published in: on gennaio 19, 2009 at 10:32 am  Comments (14)  
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Oroscopi e bombe

Two hundreds miles above Central Asia, the skies are visibly calmer as polar mesospheric clouds are captured on film. While the earth is still shrouded in darkness, the clouds are illuminated by the first streaks of sunlight (courtesy of NASA)

Calendari e nuvole rosa su questo mattino di fine anno.
Un sole arancio da risveglio da savana sui tetti lividi di una città che dorme senza scampo, col ghiaccio a terra e la neve a pochi chilometri, sui rami spogliati da un inverno inclemente e due cuffiette nelle orecchie che concilierebbero piu` il sonno che un inizio di giornata di lavoro.
Il cielo si tinge di rosa, colora le finestre e i cavalcavia, la lattuga oltre i guard-rails, le scavatrici lasciate a dormire lungo la strada.
Dura qualche minuto questo silenzio e questa magia, poi tutto torna normale, come se te lo fossi sognato e il sole, un miracolo, inonda tutto, come fosse sempre stato lì.
Lì a guardare tutto.
Il mondo, i conflitti, le bombe, i morti ammazzati, le auto accartocciate, gli addobbi natalizi, i libri sul comodino, i corpi nudi di chi si ama e i corpi denudati dalla povertà e dalla morte.
Le cose tutte insieme, sparpagliate come in una soffitta, come un riassunto strampalato, fatto di immagini, di gol, di tacchi a spillo, di elezioni, di striscia di gaza, di into the wild, di finestrini appannati, di pagine scritte fitte, di mani troppo spesso dimenticate.
E avremo un secondo in più domani. Lo hanno stabilito senza chiederci il permesso.
E giù retorica sul valore di un secondo.
Che vale davvero un secondo. Non un primo, nè un dessert.
Vale quanto una parola detta piano, senza fretta. Che duri il tempo giusto e che significhi tutto il suo significato, pieno, senza risparmiarsi.
Vi auguro quella parola.
Quella che volete.
Ché si muore un po’ quando qualcosa finisce e gli occhi pieni di lacrime illuminano ancora di più la vista di un sole inatteso.
Io prendo il sole. Lo prendo per mano, lo infilo nei calzettoni. Fin quando ce n’è.
(E.)

Precedenza ai pedoni

auro2

la foto è di auro, sotto, i verve, dedicati ad obama

I punti di vista, la relatività degli stessi.
A cosa mai potrà servire arrivare secondi quando solo il primo prende il premio?
A cosa serve partecipare alle elezioni americane se siamo piccoli come uno sputo su un immenso prato durante una partita di calcio mondiale in cui, in questo caso, siamo solo i raccattapalle?
Osservare le cose spesso ci risulta impossibile. Siamo troppo presi da come le osservano gli altri che ci convinciamo esse siano come ce le raccontano.
In una sorta di racconto della caverna dei pochi eletti che si sono avvicinati al muro lì fuori e ci raccontano i colori che hanno visto, mentre i nostri bastoncelli sono inattivi.
Sogni e notti insonni, congratulazioni e carri trainati da cavalli.
Osservare gli oggetti con la loro profondità, senza chiacchiere inutili, solo forme e spazio intorno e modo di occuparlo, tutto particolare, unico.
Così tutte le scoperte, tutte le piccole cose del mondo, quelle che passano inosservate, troveranno il loro senso e la loro ragione.
Una sorta di pollice opponibile del mondo.
(E.)

Published in: on novembre 5, 2008 at 9:37 am  Comments (12)  
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Etica a pagamento

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 sotto la foto, james morrison, per addolcirsi la giornata

Mi rendo conto che si possa cambiare idea.
Rimango perplessa che lo faccia chi ha mangiato nella stessa scodella di chi viene bacchettato.
E poi non credo si possa pensare che gigioneggiando si possa criticare una persona.
Il gioco di chi è al potere è proprio questo.
Si tratta del bagaglino e niente più.
Una sorta di discorso morale che è immorale.
Perchè è sempre il merito che viene sorvolato dai suoi apparenti detrattori.
È il quattro novembre, giorno che vorrebbero riportare a festa nazionale.
Non mi sento da piave mormorava, non lo sarò mai.
Settecentocinquantamila euro dello stato, quindi nostri, buttati per questi festeggiamenti.
Obama ha già vinto nei primi stati.
Le idee non sono in vendita. Chiunque creda possano essere pensa che si possa fare del proprio giardiniere il presidente della cassazione.
Ma un cavallo non è stato senatore?

(E.)

P.s qui il link al blog di Paolo Guzzanti cui mi riferisco.
Published in: on novembre 4, 2008 at 9:45 am  Comments (13)  
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Empty shell

la foto è di annfrau, sotto musica da venerdì
The shells she sells are surely seashells.
So if she sells shells on the seashore,
I’m sure she sells seashore shells

L’acqua entra dal soffitto e forma una pozza sulla moquette avion.
Fuori acqua come se non l’avesse mai fatta e dovesse recuperare.
Un tempo tropicale, i vetri rigati e la luce del giorno lontana.
Meglio che si sfoga oggi, dice Salvo accartocciando un foglio di carta.
La Vale risponde maledizione! e fa il verso a Matteo.
Persone che mi girano intorno tutti i giorni, che conosco meglio di quelli che mi vivono al fianco.
Sento le gocce di pioggia, lo schermo sbadiglia.
Metto su una canzone, che oggi è venerdì, anche se non pare, e quando esco di qui prendo la borsa e vado verso est.
Svuoto la conchiglia e vado.

(E.)

P.S. la corsa all’ultimo voto in US è iniziata e la corsa ad iscriversi al voto anche, QUI trovate l’appello delle stars americane per il voto, dopo la scorsa notte di scontro fra il vecchio e la medioevale, in cui la medioevale l’ha spuntata recitando la lezioncina mandata giù a memoria.
Published in: on ottobre 3, 2008 at 9:07 am  Comments (10)  
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